Scritto fra il 1944 e il 1945, respinto come "intollerabilmente osceno" da prestigiose riviste (con l'eccezione di "Officina", che ne accoglie una sezione fra il 1955 e il 1956) e pubblicato solo nel 1967 in una redazione drasticamente rimaneggiata ed edulcorata, "Eros e Priapo" ci appare oggi, grazie alla scoperta dell'autografo, nella sua autentica fisionomia: vituperante invettiva contro Mussolini - il Priapo Maccherone Maramaldo -, la sua foja di sé medesimo, le sue turpi menzogne, la sua masnada predatrice e la sua claque di femmine fanatizzate, certo. Ma, insieme, freudiano trattato di psicopatologia delle masse, autobiografia di un'intera nazione, micidiale requisitoria contro ogni abdicazione ai principi di Logos (cioè alla ratio e alla coscienza etica) e contro i tiranni di ogni tempo. E, soprattutto, vibrante monito a guardarsi dalle degenerazioni di Eros - responsabili dei comportamenti della banda assassina così come dell'idolatria della moltitudine-femmina nei confronti del Gran Somaro Nocchiero -, a raffrenarle, a sublimarle in un impeto eroico o "impeto-disciplina". Nel compiere questa impresa - notificare il male e indicare la via di una possibile rinascita Gadda non poteva che ricorrere a una lingua sontuosa e abnorme, che gareggia in audacia e insolenza con Porta, Belli, Aretino - e che la versione originale ci rivela ancor più violenta, sboccata e oltraggiosa.
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